L'entelechia di Federico II di Giancarlo Rucci

L’entelechia di Federico II di Giancarlo Rucci

 

 

 

Autore: Giancarlo Rucci
Genere: Saggio Storico
n. pagine: 324
ISBN: 978.88.99601.63.8
Data edizione: 2022
Prezzo 24,50 €
Formato: Brossura – cover morbida plastif. lucida
Lingua: Italiano

 

SINOSSI

Come tutti i personaggi che hanno caratterizzato la loro epoca, Federico II di Hohenstaufen è una figura estremamente complessa e controversa. Per alcuni fu un monarca di pochi scrupoli, proteso verso i propri interessi, consistenti essenzialmente nell’unificare ed estendere l’impero; per altri fu invece sovrano illuminato, legislatore attento, volto ad assicurare giustizia sociale a tutti i cittadini del regno, protettore delle arti e delle scienze e uomo di grande cultura. In realtà Federico fu tutte queste cose insieme. Personaggio di grande intelligenza ed elevate capacità negoziali, ma anche spietato giudice e feroce carnefice dei suoi avversari, per raggiungere i propri obiettivi utilizzava di volta in volta aggressività e persuasione, imperiosa arroganza e atteggiamento remissivo, a seconda di ciò che poteva risultare più utile al perseguimento dei suoi scopi. Naturalmente un personaggio così si ama o si odia, senza mezzi termini e Giancarlo Rucci ne è indubbiamente un estimatore: ne apprezza ogni impresa, ogni azione, che legge come espressione della sua grandezza; ne sottolinea le gesta con attenzione misurata ma puntuale, spiegandone i motivi ed esprimendone le ragioni. Contrariamente ai più attenti cultori di Federico II, che ne considerano le gesta in termini ampi per evidenziarne la lungimiranza politica e la lucida intelligenza, Giancarlo Rucci percorre le vicende dello Staufen scendendo nei particolari e sottolineandone i contorni più nascosti con un impegno accurato e puntuale. Per esempio descrive con precisione ogni singolo passaggio della sua incoronazione, riferisce delle impervie vie attraverso le quali pervenne a Giovanni di Brienne il titolo di Re di Gerusalemme, o ancora racconta dell’aggressione a Giovanni Ibelin da parte di Federico, il quale, dopo aver organizzato un pranzo in suo onore, fece circondare dai suoi armati la sala da pranzo, chiedendo a Giovanni di rinunziare al feudo di Beirut e di consegnargli le rendite degli ultimi dieci anni, “poiché questo è il mio privilegio secondo l’usanza dell’Impero”.
Il risultato di tanta accuratezza è che, leggendo questa biografia, si ha l’impressione di parlare di un contemporaneo, distante da noi una manciata di anni anziché un millennio. I dettagli disegnano il racconto, lo cesellano, esprimono la conseguenzialità delle vicende al di là del quadro generale entro il quale effettivamente si svolsero, come se avessero avuto luogo nel nostro tempo e noi ne avessimo contezza diretta.
In tal modo Federico II ci appartiene direttamente, quasi la sua vita avesse mancato la nostra di appena qualche decennio. Ci viene spontaneo di lasciarci coinvolgere dagli eventi che lo riguardarono, giudichiamo della sua ragione e del suo torto, ci indigniamo contro i suoi traditori, restiamo stupefatti della sua capacità di trovar soluzione alle situazioni più complicate e scopriamo la scaltrezza della sua mente lucida e acuta. Allo stesso tempo dall’insieme emerge il grande tema dello scontro globale, che contrappone l’Imperatore svevo all’altra grande potenza del tempo: il Papato, al quale nel caso specifico sono connessi i comuni coordinati nella Lega Lombarda. Ed anzi si delinea così non solo un conflitto di potere ma una contrapposizione epocale, che va oltre la semplice cronaca storica per assumere i toni dell’eterna lotta fra il Bene e il Male. E tra queste pagine le forze del Bene assumono le sembianze dello scomunicato Federico, mentre il Male veste i panni della Chiesa cattolica e prende il volto di cinque Papi. Le vicende di Federico II si inseriscono così nello scorrere di una vita vissuta ineluttabilmente, in funzione di una predestinazione quasi divina, che lo vede come “deus ex machina” della sua epoca, passato dalla potenza all’atto secondo gli imperscrutabili disegni della Provvidenza. Così il cerchio si chiude: l’entelechia dell’Imperatore svevo si conclude nell’assoluta realizzazione del suo destino, che è totale partecipazione ai destini della sua epoca.